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Aspetta e spera ...
// Tilia //
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Questo numero di ëres porta il titolo “Speranza” e da qui provo a ragionare sul significato della parola. Comincio dalla definizione del vocabolario: “attesa fiduciosa, più o meno giustificata, di un evento gradito o favorevole”. E proseguo, chiedendomi: che cosa si aspettano le donne, dal futuro, e in che cosa sperano? Ad esempio, per quanto riguarda il lavoro. Io sono una mamma di tre figli che lavora e sono convinta che una madre che si occupa di figli e famiglia acquisisca delle competenze che sono preziose anche in ambito lavorativo: sa gestire il tempo, ha capacità di problem solving, sa lavorare per obiettivi, eccetera eccetera. Diventare mamma non è uno svantaggio nel modo del lavoro, anzi. E vado avanti chiedendomi allora perché il mondo del lavoro così spesso non ne dà il giusto riconoscimento e il giusto sostegno? E non solo alle madri lavoratrici, alle lavoratrici in generale. A me questo nella vita professionale purtroppo è successo, di non essermi sentita adeguatamente trattata, rispettata e sostenuta una volta diventata madre. Stufa di sentirmi troppo equilibrista e troppo stressata, ho lasciato il settore privato per quello pubblico, che offre orari e organizzazione lavorativa più flessibile e coerente con le necessità di conciliare lavoro e famiglia. Ma non sento di aver fatto una scelta del tutto libera. Come me, credo che tantissime altre donne si aspettino (e non si tratta di aspettare stando ferme in attesa del verificarsi di qualcosa, ma nel senso di esigere, pretendere, reclamare, rivendicare) maggior riconoscimento e sostegno.
Diciamo che ci aspettiamo, agendo e lottando, una retribuzione adeguata, la possibilità di lavorare anche da remoto e avere orari flessibili, che il carico di lavoro sia gestito equamente e che le aziende promuovano una cultura inclusiva, un ambiente di lavoro più equo e sostenibile. Aspetta e spera? Anche no: per esempio insieme ad altre mamme del paese dove abito ci siamo unite e attivate e, non senza sforzi, siamo riuscite a ottenere il tempo prolungato alla scuola dell’infanzia. Dove sono disponibili servizi per l’infanzia cresce la natalità, cresce il tasso di impiego femminile, cresce la generazione di ricchezza per tutti. È un paradigma consolidato, un circolo virtuoso. Lo sappiamo che la lista di quello che noi donne ci aspettiamo però non è finita qui, è ancora lunga e non si limita certo al mondo del lavoro. Credo che le donne possano ridare speranza al Paese, insieme agli uomini, e per fare questo indubbiamente ci vogliono speranza nel futuro, fiducia, ottimismo, ambizione, per trasformare tutto ciò in azioni concrete. Come si suol dire: la speranza è l’ultima a morire...
Diciamo che ci aspettiamo, agendo e lottando, una retribuzione adeguata, la possibilità di lavorare anche da remoto e avere orari flessibili, che il carico di lavoro sia gestito equamente e che le aziende promuovano una cultura inclusiva, un ambiente di lavoro più equo e sostenibile. Aspetta e spera? Anche no: per esempio insieme ad altre mamme del paese dove abito ci siamo unite e attivate e, non senza sforzi, siamo riuscite a ottenere il tempo prolungato alla scuola dell’infanzia. Dove sono disponibili servizi per l’infanzia cresce la natalità, cresce il tasso di impiego femminile, cresce la generazione di ricchezza per tutti. È un paradigma consolidato, un circolo virtuoso. Lo sappiamo che la lista di quello che noi donne ci aspettiamo però non è finita qui, è ancora lunga e non si limita certo al mondo del lavoro. Credo che le donne possano ridare speranza al Paese, insieme agli uomini, e per fare questo indubbiamente ci vogliono speranza nel futuro, fiducia, ottimismo, ambizione, per trasformare tutto ciò in azioni concrete. Come si suol dire: la speranza è l’ultima a morire...